Non parlar di corde.... in casa del violinista-seconda

ecco la seconda parte dell'articolo sulle corde scritto da Andrea Scaramella


La maggioranza dei miei colleghi erano violinisti d’orchestra, e il loro lavoro li portava a cercare un tipo di suono comunque lontano dai miei ideali e dalle mie esigenze, in realtà assai più vicini al suono di un solista o di un camerista. Per il violinista d’orchestra cercare l’amalgama e la fusione del proprio suono con quella del compagno di leggio e con i colleghi della propria fila è un “must” e questo condiziona non poco la scelta delle corde. Quindi corde come le Obligato o le Infeld Rosse o le Vision Titanium Orchestra possono sembrare il massimo in tal senso, ma nel momento un cui ci si ritrovava a suonare in pochi o a far musica da camera (cosa che a me capitava spesso), a mio modo di sentire esse fallivano miseramente per il suono debole “che non corre”, poco corposo e sfocato che ne derivava, specie nei passi veloci.


All’acquisto del mio primo strumento veramente importante feci così ulteriori esperimenti ed ebbi anche qui modo di testare gratuitamente una muta per violino delle nuove Larsen in perlon prodotte dalla omonima ditta. Se dapprima mi sembrò di aver trovato finalmente un prodotto superiore alle Dominant, dall’emissione pronta in tutta la gamma dinamica dal pp al ff, tale euforia durò poco più di due settimane. Sia il Sol che il Re non davano più quel bel suono brillante e corposo dell’inizio, il Re in alluminio risultava la corda più debole di tutta la muta, ed in generale il suono era divenuto assai più spento e con meno armonici di quando le avevo appena montate. Mi informai anche sul prezzo e alla fine, valutando la maggior spesa e la assai minor durata, il gioco non valeva proprio la candela. Veramente un peccato!
Ebbi anche un’altra occasione di test dalla Savarez, che mi mandò in prova una muta delle loro nuove Alliance Vivace in kevlar. Se rispetto la prima edizione queste erano di qualità migliore negli avvolgimenti e di grande durata, la tensione era aumentata nel tentativo di avvicinarsi alle caratteristiche delle Evah Pirazzi (anche come costo), seppur trovassi il suono un pò più sfocato e con meno armonici rispetto queste ultime. Mi ripromisi di provarle in futuro in versione più sottile con tensione minore, ma ancora non l’ho fatto.
Visti i tentativi infruttuosi di trovare corde che mi soddisfacessero veramente, cominciai allora a guardarmi in giro su internet alla ricerca di informazioni, dapprima guardando i video dei vari solisti del momento che mi piacevano (Vengerov, Perlman, Shaham, Joshua Bell, Anne-Sophie Mutter etc…) per vedere cosa usavano. E, tranne due affezionati alle costosissime e problematiche Pirastro Oliv (Viktoria Mullova e Frank Peter Zimmermann) e altri due alle Vision Titanium Solo (Kavakos e Zukerman), nessuno si discostava dalle Dominant o dalle Evah Pirazzi.
Le differenze tra le corde di tutti questi solisti si concentravano nei calibri (Shaham usava il Re stark della Dominant), e soprattutto nella scelta del Mi.
Questo fattore era da me sempre stato sottovalutato fino a quel momento: tanti di loro usavano il Goldbrokat 0.26mm (giallo) e 0.27mm (verde), altri il Westminster 0.26mm (viola) o 0.275mm (nero), altri il Pirastro Gold (quello che avevo sempre usato io fino a quel momento), altri ancora il Kaplan Golden Spiral Solo, oppure il Mi placcato in oro (Pirastro Oliv o Evah Pirazzi).
Mi venne pure in mente il suggerimento di un mio grande e bravissimo insegnante russo che era completamente “votato” al Mi Jargar forte, usato pure da Hilary Hahn e da Repin.
Incrociai le informazioni così ottenute con quelle che trovai su un noto blog violinistico americano e, grazie ad un paio di interessantissimi thread, uno riguardante le combinazioni di corde usate dai solisti del passato e di oggi, ed un altro riguardante le caratteristiche di quasi tutte le corde presenti sul mercato, mi lanciai in nuovi esperimenti.
Volli così cimentarmi nel provare tutti i Mi possibili ed in tutti i calibri, facendo così una scoperta per me importantissima: a seconda della elasticità e della tensione del Mi, il timbro e la potenza di tutto il violino cambiano in modo radicale. Più elastico è il Mi e più scuro diventa lo strumento, più teso è il Mi e più potente diventa.
Trovai così una combinazione sul mio violino che funzionava a meraviglia: 3 Dominant con il Re in argento e Mi Jargar forte. Tale combinazione mi garantiva un perfetto equilibrio timbrico e dinamico sulle 4 corde, buona reattività e facilità di emissione, grande dinamica e grande dolcezza di timbro allo stesso tempo, cosa quest’ultima che mi era sempre un po’ mancata da quando avevo abbandonato le Oliv.
Avevo così raggiunto quasi il mio ideale di suono.
Oggi, per esempio, cambio il tipo di Mi a seconda di cosa devo suonare: nel repertorio barocco o classico, dove si richiede brillantezza soprattutto, monto il Goldbrokat 0.26mm o il Dogal Marchio Blu (indistruttibile!) o l’Oliv dorato medio (forse un po’ problematico perché tende fischiare, ma sai che soddisfazione suonare gli Uccellini della Primavera di Vivaldi con il suono letteralmente celestiale che questo Mi emette?). Nel repertorio romantico da camera da Beethoven in poi, dove si richiede potenza e morbidezza allo stesso tempo, monto lo Jargar forte; se invece devo suonare da solista il Westminster nero è imbattibile, peccato sia difficilissimo da trovare. In questo caso l’alternativa degna di nota è l’Evah Pirazzi forte in oro o il Kaplan Golden Spiral Solo 0.27mm.
Ho escluso tutti i Mi fasciati per molti buoni motivi: se generalmente essi fischiano meno dei Mi nudi (unico vero vantaggio), essi hanno sempre un po’ meno armonici, si rompe facilmente la loro fasciatura, sono meno duraturi e sonori, sono meno reattivi e presentano generalmente un suono un po’ più sfocato (Pirastro  n°1, Kaplan Solution, Spirocore, Dominant versione fasciata).
Fino ad allora mi ero accorto di aver quasi sempre trascurato le corde della D’Addario, a me nota solo per aver rilevato la produzione delle Kaplan Golden Spiral in budello, corde ormai andate in disuso ma che nei loro tempi d’oro avevano riscosso notevole successo (erano le preferite da Kogan, Stern, Michael Rabin e Zino Francescatti). Mi sono tolto lo sfizio, qualche tempo fà di provare anche queste: molto potenti, molto scure con buona ricchezza di armonici, abbastanza stabili nell’accordatura per essere corde in budello e dalla tensione piuttosto alta, ma con una inerzia ad entrare in vibrazione assai elevata. Inoltre la loro costruzione era a quei tempi piuttosto approssimativa, non tanto per la qualità del budello, a mio giudizio il migliore ed il più robusto in assoluto, quanto per gli avvolgimenti delle corde, soggetti soprattutto nel Re in argento e nel La in alluminio a sfilacciarsi e rompersi con facilità.
Naturalmente il progresso avanza, e da quel tempo ad oggi altre novità si sono ulteriormente affacciate sul mercato.
(Segue)