Maestri di noi stessi


Molto spesso, quando suoniamo, siamo presi da così tanti pensieri che ci dimentichiamo di ascoltarci come farebbe un estraneo, o come faremmo noi stessi con un altro. La tensione dello studio porta a una scarsa attenzione all’insieme e, spesso, anche a un ascolto esterno. Penso che tutti quanti abbiate provato massimo sconforto ascoltando la vostra voce registrata; all’improvviso non la riconosciamo più, semplicemente perché siamo abituati a percepirla dall’interno, totalmente immedesimati.
Come possiamo fare per estraniarci, e provare ad essere spettatori di noi stessi?
Intanto si può suonare di fronte a uno specchio: sia frontalmente, per vedere la posizione del corpo, sia lateralmente, per controllare la condotta dell’arco.
Poi ci si può registrare. La registrazione è una pratica utilissima per migliorare il nostro studio; si potrebbe considerare quasi un secondo insegnante. Ovviamente va bene sia una registrazione audio, sia (forse ancora meglio), un video. Per entrambi, però, consiglio di acquistare apparecchi che abbiano un minimo di qualità. La registrazione fatta con il cellulare ha una qualità di suono davvero pessima.
Il momento dell’ascolto di noi stessi non è mai facile; scatta subito il giudizio, spesso impietoso, nei confronti di noi stessi.
Siamo abituati, ormai, a registrazioni perfette, eseguite da grandissimi musicisti, che hanno studiato anni e anni prima di incidere un disco! Quindi, per prima cosa, bisogna dimenticare quello che ascoltiamo di solito, e i nostri miti!
Passato il trauma iniziale, invece, si può costruire qualcosa, facendo attenzione a tutto quello che, giorno dopo giorno, ci interessa migliorare. Possiamo eseguire un brano da capo a fondo, oppure semplicemente delle corde vuote; possiamo controllare la crescita tecnica di un brano registrandolo una volta a settimana. Insomma, le idee sono tante.

L’importante è imparare a essere spettatori e maestri di se stessi.





Non si fa, non si fa

Tra i vari difetti che mi capita spesso di vedere negli studenti, quello che trovo più grave è la posizione della mano destra. Ovviamente la mano è la parte finale di quello che succede in tutto il braccio e nel rapporto di questo con l’arco e con lo strumento.
Partiamo dall’inizio….
Il nostro istinto ci porta a tenere l’arco, ossia a pensare che questo debba essere sollevato sopra alle corde: è vero, abbiamo in mano un oggetto che, purtroppo, è anche lungo. Ci dobbiamo però convincere del contrario, ossia che l’arco è tenuto dal violino e che, per non suonare, è sufficiente stare fermi sulle corde.
Il nostro strumento suona quando viene sollecitato e questo avviene quando l’arco, dalla metà alla punta, si appoggia, si spalma sulle corde. Se pensiamo a come suona una corda pizzicata è semplice: più affondo il dito maggiore sarà il suono.
Se invece, nella metà superiore, io sostengo l’arco con il mignolo (purtroppo tenuto spesso rigido e non tondo e morbido), il suono non uscirà mai e non si otterrà neanche quella elasticità che deve caratterizzare il cambio di arcata.
Allora: credo si debba dedicare molto ma molto tempo innanzitutto a convincere il nostro corpo che l’arco si tiene da solo, è come un treno sui binari, è incollato sulle corde e, su queste, va spalmato. Si può anche stare fermi, su corde diverse, senza fare nulla se non percepire l’appoggio del braccio e dell’indice sulla bacchetta, e il sostegno del pollice sotto.
Poi altrettanto tempo a capire che il mignolo non deve essere tenuto rigido, sforzandosi, nonostante la difficoltà, a mantenerlo sempre tondo e rilassato (più il mignolo è teso più l’arco si solleva: se provate a premere forte il mignolo l’arco si solleverà dalle corde).
Durante lo studio è molto utile osservare la nostra mano destra: poiché il braccio è ruotato verso l’interno noi dovremmo vedere solo ed esclusivamente il dorso della nostra mano. Se invece, suonando, vediamo l’interno della nostra mano, ossia la parte che si trova tra indice e pollice, qualcosa non quadra.
Credo che questo sia uno dei punti fondamentali per capire l’emissione del suono e che non si debba mai pensare che una posizione sbagliata è solo questione di estetica. Una mano che ha il dorso parallelo all’arco, e con un mignolo rigido (che significa quindi un braccio che non si appoggia sull’indice), non potrà mai portare a un bel suono.