Corde, corde, fortissimamente corde!


Un aggiornamento scritto da Andrea Scaramella che ormai conoscete bene. E che non finirò mai di ringraziare per il preziosissimo contributo. L'articolo è lungo; vi consiglio di stamparlo e di leggerlo a piccole dosi.

Nel link che trovate sulla colonna di destra ci sono le altre puntate, intitolate "Non parlar di corde in casa del violinista".


Mi è stato chiesto da più parti un aggiornamento sulle ultime novità di corde per violino con le mie valutazioni al riguardo.
Allora andiamo con ordine.
La Pirastro ha immesso sul mercato le sopracitate Evah Pirazzi Gold in tensione unica: su queste la mia breve esperienza su violini altrui e le opinioni raccolte in giro esprimono pareri piuttosto differenti.
Alcuni le trovano strepitose come timbro e colore di suono, per facilità di emissione e con dinamica migliorata rispetto le Evah tradizionali. Altri invece (me compreso) le hanno trovate meno definite e più scure, anche se prontissime come reattività al pari delle Thomastik PI concorrenti.
Sicuramente colore e timbrica sono migliori delle Evah tradizionali (il violino suona molto più da “violino” e meno da “tromba”), essendo leggermente meno tese e di altro materiale (quale?mistero!) il suono risulta più caldo ed avvolgente ma ciò è a prezzo di una leggermente minor portata nelle grandi sale. Inoltre la loro durata non è eccelsa (non andiamo oltre il paio di mesi), sembra infatti che reggano poco lo sforzo intensivo per cui la grande quantità di armonici che emettono appena montate scompare già dopo 3 o 4 settimane di uso. Inoltre il mi di cui è corredata la muta completa fischia spesso e volentieri.
Chi le ha provate ha preferito generalmente il sol normale in argento in luogo della versione speciale in oro: che sia per suo timbro un po' troppo scuro o per il suo costo elevatissimo?
Per ora non ho notato una grande diffusione di queste corde tra i solisti di grido (tranne Vengerov che ne usa il la ed il re per il proprio Stradivari, e pochissimi altri). Avevo notato su youtube, tra l'altro, un concerto mozartiano di Leonidas Kavakos dove le impiegava sul suo Strad con qualche problema di accordatura, per osservare che nei successivi concerti era tornato sui suoi passi con le Thomastik PI.

Personalmente sono invece tornato un pò “indietro” nella valutazione delle PI medesime: il re in argento ed il la vanno facilmente in crisi poiché dopo un paio di mesi cedono ed non accettano più l'arcata pesante, spezzando l'emissione del suono. Inoltre quando queste corde cominciano ad invecchiare diventa difficile suonare p o pp. Per ovviare a questo inconveniente, alcuni solisti sono passati ad una combinazione di questo tipo: sol e re alluminio PI (più durevole e duttile nell'emissione anche se meno brillante di timbro), la Vision solo e mi Jargar o Westminster o altro (Sarah Chang).
Le più vecchie Vision solo (non Titanium!) sembra infatti che reggano maggiormente nel tempo un uso più continuativo ed esasperato rispetto le PI, che sono la loro evoluzione successiva e, in combinazione con un mi appropriato, danno una ottima timbrica (Zukerman).
Qui apro una piccola considerazione: se sia meglio il re in alluminio o il re in argento è una questione personale a seconda del violino e del risultato desiderato. Per tutti i tipi di corde in circolazione, il re in argento risulta generalmente più brillante e con più armonici anche se leggermente meno potente: infatti le case produttrici cercano di compensare questa lacuna con una maggior tensione rispetto la corrispondente corda in alluminio. Su di un violino con il re fiacco, una corda in argento può migliorare la situazione. In un violino molto chiaro il re in alluminio è invece preferibile. Per contro, il re in argento è una corda generalmente delicata e spesso di minor durata e robustezza, della quale è facile romperne gli avvolgimenti al ponticello o al capotasto se non si ha cura di lubrificare bene i solchi dei punti incriminati con una matita appuntita.

La casa danese Larsen ha da poco sfornato una interessante novità, le Virtuoso, con tensione media e forte. Sulla carta le tensioni risultano piuttosto basse, le medie hanno meno tensione delle Dominant e le forti meno delle Evah Pirazzi medie e un po' più delle PI. La versione media che ho provato su un violino di un mio amico sembrano pronte, di facile emissione e con un timbro brillante abbastanza particolare adatto a “schiarire” gli strumenti scuri, dapprima un po' metallico ma che tende ad ammorbidirsi con l'uso, con una gamma dinamica abbastanza buona. Sotto le dita sono “gentilissime”, al pari delle PI, anche se molto sottili ma come contropartita tendono un po' a cedere sotto l'arcata pesante e ad avere una scarsa durata. Mi sono ripromesso però di provarle in versione forte. Quest'ultima sembra essere la favorita di Vadim Repin, che le ha montate (sol e re) sul suo Guarneri del Gesù al posto delle precedenti Evah Pirazzi con ottimi risultati.
C'è da dire anche che esiste a mio giudizio un abbastanza equivalente prodotto a buon mercato sotto forma delle Infeld Blu, dalla tensione leggermente inferiore rispetto quest'ultima versione delle Virtuoso.

Ho poi provato le Dogal Capriccio Solist: dopo aver già positivamente valutato la versione Orchestra, ho reputato questa versione ancora superiore. La grandissima gamma dinamica che esprimono, il loro timbro ancora più caldo ed avvolgente ma comunque ben definito, la loro prontezza straordinaria mi hanno convinto a posizionarle ai primissimi posti tra le mie preferenze. Per un solista puro sono sicuramente le corde ideali, tranne il mi che non ho trovato allo stesso livello delle altre tre (un Westminster heavy al suo posto si adatta perfettamente). Sono ancor più durature delle precedenti, incredibilmente levigate e oserei definirle quasi “indistruttibili”: suonando alla tastiera, al ponticello o in qualunque zona intermedia assicurano in ogni caso suono pulitissimo e caldo privo di qualunque rumore estraneo ed anche trattandole brutalmente è praticamente impossibile metterle in crisi. Proprio per questa loro peculiarità le trovo indicatissime anche per strumenti tendenzialmente brillanti o con problemi di pulizia e definizione nell'emissione del suono (come il mio violino su cui le ho montate!). Inoltre l'esecuzione degli armonici diventa uno scherzo!
Come unico neo hanno bisogno di un po' di rodaggio per ammorbidirsi dal punto di vista timbrico (ma è poi un neo visto la loro grande durata?).

Qualcuno mi ha poi chiesto cosa penso delle Warchal, dell'omonimo produttore slovacco assai conosciuto in America ma pochissimo in Italia.
Ho avuto tempo fa una passata esperienza con le Warchal Brilliant, trovandole come timbro molto piacevoli sotto le dita e sotto le orecchie e di pronta emissione. La muta è perfettamente bilanciata se si usa il re hydronalium in luogo di quello in argento (a mio avviso letteralmente insuonabile perchè incapace di reggere il peso dell'arco). Se in loro rendimento è esaltante o quasi per le prime 2 settimane di vita, alla terza diventano letteralmente morte, diventando incapaci di reggere qualunque arcata pesante...in sintesi non sono per me.
Ho poi provato in anteprima su di un violino dimostrativo le nuovissime Amber, che rispetto le Brilliant vengono definite più scure e rotonde dal costruttore. Un po' metalliche a mio giudizio da nuove, risultano molto buone nelle due corde più basse, ma con le 2 più alte non allo stesso livello: il la tende a spezzare il suono ed il mi “corre” poco rispetto i soliti cantini di uso corrente. La particolarità di questo mi è che viene venduto sotto forma di spirale, che poi si distende una volta montato: ciò permetterebbe, secondo il costruttore, di avere maggior elasticità longitudinale della corda e di evitare i fischi a corda vuota. Risultato raggiunto a mio avviso, ma a scapito del timbro, dolce ma poco corposo e di poca portata. Sono inoltre poco levigate ed un po' “sabbiose” sotto le dita, come se fossero satinate. Mah!!

In ultima, ho avuto l'onore di provare in anteprima le nuovissime Savarez-Corelli Cantiga, anche queste in versione media e forte. La Savarez, gentilissima, me ne ha fornito alcune mute ed ho avuto così modo di sperimentarle a lungo.
La versione forte è quella che più mi ha colpito: di tensione paragonabile alle Vision solo ed alle PI ma inferiore alle Evah Pirazzi, sono molto pronte e ricchissime di armonici, di grande gamma dinamica e dal timbro che potrei definire sia caldo che brillante allo stesso tempo, molto da corda in budello. La differenza in termini timbrici con qualunque altro tipo di corda è rimarchevole, ed effettivamente lo strumento su cui le ho montate ne ha grandemente beneficiato in termini di bellezza di suono e grande proiezione.
Anche in queste corde la gamma dinamica e la definizione di suono è notevole: si può passare dal ppp al fff senza alcuna difficoltà mantenendo sempre una buona pulizia di suono, cosa che sul mio violino è sempre stata un po' problematica con altre corde Thomastik o Pirastro.
Sotto le dita sono molto levigate (anche se non come le Dogal Capriccio, in questo senso imbattibili), di spessore piuttosto consistente (le mie dita ringraziano!) e la loro durata è strepitosa (5 mesi!). La versione media è invece un po' più brillante, con minor durata (non più di 3 mesi) e minor dinamica, ma con ancor maggiore prontezza di emissione, molto simile alle PI. Il mi è stata la corda che mi ha meno soddisfatto, essendo a mio giudizio un po' debole di volume rispetto le altre tre corde, quindi buono per la versione media ma non abbastanza per quella forte. Trovo che un Westminster heavy si adatti perfettamente alla versione forte, offrendo una combinazione veramente “outstanding”.
Per metterle in vibrazione è sufficiente pochissima pece sull'arco, diversamente dalla maggioranza delle altre corde, e ti permettono di suonare molto vicino al ponticello al pari delle corde in budello. Come unico neo esse non tollerano la troppa pece accumulata su di esse: per continuare ad avere un suono bello e nitido bisogna perciò pulirle spesso.
Ho così aggiunto alle mie preferenze 3 tipi di corde: le Vision solo, per la buona durata e costanza di rendimento nel tempo, le Corelli Cantiga, per il loro bellissimo suono, la loro incredibile durata nella loro versione forte ed il loro comportamento molto “gut-like” e, al pari, le ancora più estreme Dogal Capriccio Solist, per la loro capacità di rivitalizzare un mio strumento fiacco e dal suono non molto pulito che altrimenti avrei lasciato attaccato al chiodo.

OH! CHE COMBINAZIONE!

Combinare tra loro corde di differente tipo e caratteristiche è un espediente usato spesso per bilanciare bene uno strumento. Il tipo di corda impiegato molto dipende dal violino, altrettanto dal setup anima-ponticello-catena, ancor più dal gusto personale (scuro, brillante, dolce, aggressivo, potente o da “amalgama”) e dalle esigenze musicali: per esempio chi deve suonare da solista userà corde più grosse rispetto a chi suonerà in formazioni cameristiche od orchestrali. Corde più grosse e tese esigono pece più adesiva e sforzo maggiore con l'arco, anche se permettono una maggiore gamma dinamica.
Strumenti non perfettamente bilanciati di proprio richiederanno montature particolari, anche se in questo caso consiglierei, prima di spendere denaro in corde di vario tipo, di perdere un po' di tempo sul corretto posizionamento dell'anima e del ponticello per migliorare il bilanciamento delle quattro corde. Altro esempio: nel caso di un la debole, si ottengono assai migliori risultati arretrando leggermente l'anima piuttosto che montando un la più grosso o più brillante o addirittura in acciaio.
Ciò che è sicuro è che la corda giusta aiuta in buona misura a migliorare uno strumento, e il risultato finale a cui si dovrebbe in ogni caso mirare è quello di uno buon equilibrio su tutte le 4 corde e su tutte le note sia dinamico che timbrico.

Qui di seguito elenco alcune combinazione che sul mio violino hanno funzionato egregiamente in ordine di preferenza:
1. Corelli Cantiga forte sol, re e la; Westminster heavy mi
2. Dogal Capriccio sol, re e la; Jargar forte o Kaplan Golden Spiral Solo forte o Westminster heavy mi.
3. Dominant mittel sol, re argento, la; Jargar forte o Westminter heavy mi.
4. Thomastik Vision solo sol, re argento, la; Westminster heavy o Goldbrokat 0.26mm o Jargar forte o medio mi.
5. Pirastro Oliv stiff sol, re argento; Thomastik Spirocore medio oppure Jargar forte la, Westminster heavy mi. (combinazione preferita dai violinisti russi ma costosa).
6. Thomastik PI sol, re alluminio, Thomastik Vision solo la, Jargar medio
7. Pirastro Tonica New Formula medio sol, re, la; Jargar forte mi
8. Thomastik Infeld Blu sol, re e la; Goldbrokat 0.27mm mi
9. Pirastro Oliv stiff sol, re argento; Prim medio o Jargar medio la; Westminster medio mi (altra combinazione “russa”).
10. Pirastro Oliv sol stiff, re argento; Corelli Crystal medio o Pirastro Tonica medio la ; Pirastro Gold mi medio. (no comment sui costi)
11. Pirastro Eudoxa stiff sol e re; Pirastro Tonica medio la; Pirastro Gold medio mi. (combinazione preferita dal mio beneamato maestro Franco Gulli)

A molte di queste combinazioni è possibile alternare il mi con altre soluzioni a seconda del timbro desiderato (Kaplan Golden Spiral Solo, Goldbrokat, Pirastro Oliv in oro), od il la con una corda in acciaio tipo Spirocore medio, Helicore sottile, Prim medio , Jargar forte o medio o Larsen in acciaio (raro, costoso e non di grande durata anche se molto bello di timbro) al fine di avere uno strumento più pronto di emissione.
Ultimamente, visti i problemi di mucca pazza e di qualità del budello, molti violinisti sono passati da budello alle Evah Pirazzi (anche se per me il suono è completamente diverso e sicuramente non altrettanto bello). Una decente alternativa al budello possono essere a mio giudizio le Pirastro Wondertone Solo o le Vision Solo.
Inoltre vale la pena considerare che esistono corde abbastanza equivalenti tra loro sul mercato tipo: Larsen Virtuoso = Thomastik Infeld Blu, Evah Pirazzi = D'Addario Zyex (paragone ben noto ai violisti a metà del prezzo), Dogal Capriccio – Vision Solo (seppur con minor potenza, prontezza e durata).

Andrea Scaramella




Come un ventaglio

Se noi dobbiamo prendere un barattolo che si trova in alto, su un mobile, e ci contraiamo pensando che è troppo lontano, non ci arriveremo mai. Se invece pensiamo semplicemente ad allungare braccio e mano probabilmente riusciremo a prenderlo.
La situazione della nostra mano sinistra non è diversa.
Se noi ci contraiamo pensando che il quarto dito sarà sempre calante otterremo non solo una nota stonata, ma una mano totalmente bloccata.
Proviamo a osservare la nostra mano sinistra (ma la destra non è differente): ci sono dei movimenti che serrano tra loro le nocche, e altri che invece muovono le dita. Ecco, dobbiamo annullare il movimento che serra le nocche, che chiude appunto la mano.
Proviamo con un esercizio: mettiamo la mano in una ipotetica terza posizione (senza suonare). Pensiamo solo ad allargare la mano, come un ventaglio. Il mignolo verso di noi, l'indice nel senso opposto. Allarghiamo, allarghiamo, allunghiamo.... con calma, come se facessimo stretching. Provate ora a suonare le due note (mettendole su due corde differenti, l'indice su quella più bassa, il mignolo su quella più alta) e ... stupitevi di voi stessi! Suonate ora le quattro dita senza preoccuparvi di quello che esce, liberamente. E poi riportate la mano all'ordine. Quando tornate a suonare cercare di mantenere aperta la mano, senza serrare le dita tra di loro.
Un'altra cosa importante! Le dita vanno appoggiate morbidamente, altrimenti si irrigidiscono subito.
Morbidamente e con il polpastrello. Per capire quale parte del dito si appoggia provate ad accarezzarvi il viso, oppure le dita tra di loro. E' la parte più sensibile del polpastrello, che secondo me va impiegata per suonare.

Per chi avesse dubbi: io sono convinta che non serva avere i calli sui polpastrelli....


Le note immaginate

Sarò... (semi) breve.

Quando studio un brano o uno studio (capita più nel primo caso) devo imparare a rispettare con attenzione le pause, che non sono delle casuali interruzioni senza tempo.
E' l'esatto contrario! Le pause sono importantissime!
Nelle pause il ritmo continua: se ho un tre quarti con due semiminime seguite da una pausa di semiminima e salto la pausa, il ritmo ternario sarà troncato e si trasformerà in un 2/4.
Non parliamo poi quando nelle pause ci sono frasi di altri strumenti! In questi casi dovremmo ascoltare le altre parti e impararle bene, per cantarle poi mentalmente quando c'è il silenzio della pausa.

La stessa raccomandazione vale per le note lunghe, che non vanno troncate e "trasformate" perché ci si annoia a suonarle tutte.
Ovviamente se ho tante battute di pausa ne conto solo una.

Quindi: la musica è ritmo! Se la modifichiamo a nostro uso e consumo, in base alla fretta, alle note più semplici (suonate velocemente) e a quelle difficili (eseguite lentamente) diventa una cosa informe che non ha nessun senso musicale.

Le pause sono respiri, note immaginate....






Alt!


Non è sempre semplice e chiaro, quando si conduce l'arco, cosa significa fermarlo. La difficoltà forse risiede in un equivoco: si pensa che, per fermare il suono (morbidamente), si debba in qualche modo premere sulle corde, o peggio tenere di più l'arco. Ma premendo accade proprio il contrario, perché il braccio si irrigidisce e non c'è peso sulle corde. La conseguenza è che rimane leggermente sollevato, quindi la nota continua a vibrare, sporcando i passaggi. L'effetto è quello di una specie di ronzio che si percepisce soprattutto nei cambi di corda.
L'arco si ferma.... fermandosi sulla corda. Ma - requisito fondamentale - l'arco deve essere appoggiato sulla corda, altrimenti, se lo teniamo, il suono non si ferma affatto!

Mi spiego meglio.

Prendiamo l'arco morbidamente, anche con due dita (pollice e indice per esempio), ma anche alla maniera dei violisti da gamba; in questo modo avremo solo il peso dell'arco. Suoniamo ovviamente alla metà dell'arco, altrimenti i meccanismi sono altri e non ha senso l'esercizio.
Per prima cosa teniamo l'arco fermo su una corda; punto. Fermo, rilassato, assolutamente morbido. Proviamo a muoverlo, ma senza effettuare il movimento; dovremmo riuscire a percepire l'impatto sulla corda. Concentriamoci su questo punto infinitesimale, in cui la corda è sollecitata ma ancora non inizia l'arcata. E' fatto di nulla, ma è molto importante.
Poi eseguiamo delle semplici note, una sorta di staccato rilassato e morbido, con una pausa tra una nota e l'altra. Ossia, impariamo a fermare l'arco con il minimo sforzo. Se l'arco si ferma sulle corde morbidamente il suono rimarrà ricco di armonici. Se lo fermiamo con forza e il braccio rigido, rimarrà una sorta di ronzio fastidioso, che di solito sporca i passaggi.
Dopo gli esercizi su una corda possiamo eseguire quelli su corde diverse; chiaramente tra sol e mi sarà più difficile.

Ascoltiamoci, come sempre.... è molto importante capire quando l'arco va fermato e quando invece deve essere legato. L'arco non si ferma nel detaché, ossia le note ribattute, e ovviamente nelle note legate; ed è importante che non si fermi né all'interno delle arcate né tra una arcata e l'altra.
L'arco si ferma ovviamente nello staccato, colpo d'arco che poi presuppone più appoggio e l'uso dell'indice; ma anche nei passaggi che devono risultare chiari, e tra le frasi... Fermare l'arco significa suonare puliti e chiari, non come un robot. Fermare l'arco significa chiarezza e non durezza!