A casa mi veniva

 Eh sì, lo abbiamo detto tutti noi, almeno una volta!

A casa veniva per diverse ragioni...

La prima è che a casa suoniamo più rilassati, senza l'ansia del giudizio di chi ci ascolta. Se poi siamo soli a casa, senza nessuno nei paraggi, si riesce a suonare con una libertà assoluta. Il giudizio degli altri è una delle preoccupazioni maggiori del musicista. Parte dallo studio a casa, passa per le lezioni di fronte all'insegnante, e arriva ai saggi o concerti in pubblico. Nonostante ognugno di noi sia consapevole della propria tecnica e abbia studiato ore e ore (giorni/mesi) un brano, la paura del giudizio altrui è molto spesso invalidante; arriviamo ad immaginare pareri negativi spesso frutto solo della nostra fantasia, o meglio della nostra mente. Come posso essere sicuro che il maestro, il vicino di casa o il pubblico che ci ascolta stia pensando che stiamo suoniamo male invece che alla cena della sera? La focalizzazione su cosa crediamo stiano pensando gli altri, inoltre, ci distrae da quello che è importantissimo per chi suona uno strumento, ossia la concentrazione su quello che si sta facendo.

A casa veniva meglio anche perché, quando studiamo da soli, siamo meno severi con noi stessi. Spesso tralasciamo passaggi che invece andrebbero affrontati meglio, facciamo finta di non sentire gli errori, speriamo che, comunque, la prossima potrà venire bene (una specie di miracolo, perché sappiamo benissimo che, se il passaggio difficile non viene bene almeno una decina di volte, è praticamente impossibile che possa riuscire dopo un errore).

A casa veniva può anche essere, infine, una banale scusa... ma questo argomento finisce qui!

Concludendo, brevemente, la mia riflessione su questa espressione che è diventata anche una specie di gioco: cerchiamo di studiare come se accanto a noi ci fosse sempre un docente severissimo, che non tralascia nulla. Il maestro immaginario non ci giudicherà ("suoni male/suoni bene"), ma ci darà consigli su come tirare l'arco, o sull'intonazione... Insomma, nessun disprezzo!

Cerchiamo, invece, di essere più rilassati, senza paura del giudizio, quando eseguiamo quello che abbiamo studiato a casa. Torno a quello che ho scritto molte volte: lo studio necessita di una grande disciplina e attenzione al più piccolo particolare, con fermate e ripetizioni meticolose dei passaggi più complessi, dividendo il più possibile gli "argomenti" che si affrontano: arco, suono, articolazione, vibrato e così via. L'esecuzione, invece, deve essere più fluida, un "capofondo" libero, possibilmente anche dagli inutili rimuginamenti della nostra testa.

Nella nostra immaginazione, quindi, sarà: a casa con il maestro; a lezione da soli!


Marc Chagall, Il violinista blu