Controlliamo il peso

Continuo a parlare dell’appoggio del suono, ossia dell’arco e del braccio, perché penso che sia uno dei punti più importanti e difficili da trovare per un violinista. Come ho ripetuto già molte volte, è difficile rilassare i nostri muscoli anche in situazioni piacevoli, come quando ci troviamo su un comodo divano; spesso il vero rilassamento avviene pensando di farlo e respirando. Prendendo quindi coscienza che ci stiamo rilassando.
Sullo strumento, quindi, è ancora più difficile e deve partire da una assoluta consapevolezza.

In ogni punto dell’arco dobbiamo utilizzare un peso differente, sia per eseguire una arcata dall’andamento regolare, sia imparare a variare la nostra dinamica. Per questo motivo è fondamentale imparare a dosare con un controllo totale il peso del nostro arco.
Al tallone l’arco va sostenuto, altrimenti il suono risulta aspro; verso la metà va condotto, lasciato andare; alla punta dobbiamo aggiungere peso del nostro braccio altrimenti l’arco scivola sulle corde, soprattutto nel cambio di arcata. In pratica partiamo, al tallone, sostenendo il nostro arco e, gradualmente, rilasciamo il peso alla punta.
Impariamo quindi a gestire il peso del nostro arco, passo dopo passo, centimetro dopo centimetro; ovviamente è un esercizio meticoloso, che dimenticheremo nel momento in cui tireremo l’arco pensando al suono o alla dinamica.
Dividiamo l’arco, con dei post-it che poi si staccheranno facilmente, in quattro parti uguali: tallone estremo, punta (dove di solito arrivate) e due parti alla metà.
Al tallone cerchiamo di percepire la tenuta dell’arco, con le dita morbide e tonde; nei due punti che si trovano alla metà l’arco si tiene quasi da solo, possiamo molleggiare con il braccio; alla la punta, invece, dobbiamo scaricare il peso del nostro braccio, dalla spalla, lungo il braccio, direttamente sul nostro indice, come fosse un uncino che si aggrappa alla nostra bacchetta. Rimaniamo fermi su questi punti qualche secondo, provando le diverse sensazioni: fermi, come una bilancia. Tallone sostengo; metà non faccio nulla; punta mi appoggio, mi aggrappo alla corda.
Poi proviamo a suonare partendo da fermi, per capire anche quale velocità è necessaria per il peso che stiamo utilizzando. Per esempio: se al tallone voglio suonare forte sosterrò meno il peso ma dovrò quindi tirare un’arcata veloce; se invece trattengo l’arco potrò iniziare lentamente. Impariamo a suonare in tutte le situazioni: tallone, arcata lenta, piano; tallone, arcata veloce, piano; tallone arcata lenta forte; tallone, arcata veloce forte.
Proviamo queste varianti nei quattro punti dell’arco che abbiamo definito precedentemente. Partendo sempre da fermi!

Ricordiamoci di essere coscienti, sempre, del peso che stiamo utilizzando.






Esercizi per il quarto dito

Il quarto dito è l'incubo dei violinisti! Tra le varie preoccupazioni, talvolta esagerate perché ci si concentra solo su quello, c'è la forma che assume il dito cadendo, spesso storta e curva verso l'interno.
Quando avevo circa 16 anni ero ossessionata dalla forma che prendeva il mio quarto dito... così mi misi di punta, con esercizi davvero maniacali, fino a quando non riuscii a farlo cadere tondo. Ve li scrivo qui di seguito, sperando di poter aiutare chi, come me, ha questo problema.
I motivi per i quali il dito si storce fondamentalmente sono due: la mano è poco ruotata e il dito è debole. Non sono però di facile risoluzione.

Per ruotare la mano (la mano ruota a partire dal gomito) si possono eseguire degli esercizi di stretching, eseguiti giornalmente e con calma perché si rischia di infiammare i tendini; prendete il violino con la mano sinistra, abbracciando con tutte le dita la tastiera, andando cioè oltre la corda di sol e portate lo strumento, lentamente, dove lo tenete solitamente. In questa posizione le dita non si appoggiano sul polpastrello ma oltre le corde, esattamente come quando si impugna il manico dello strumento.
La mano così stringe il manico e, non dovendo suonare, rimane morbida; fate attenzione a non stringere le nocche tra loro, e a non serrare il solito punto che irrigidisce le dita, ossia quello che si trova tra indice e pollice. L'indice si può anche tenere sollevato, perché non ha bisogno di nessun lavoro di rotazione.

Per rinforzare il dito si possono eseguire degli esercizi che permettano al dito di manternere la forma tonda - per avere un risultato migliore possono essere eseguiti anche senza suonare o, addirittura senza strumento. Posizionate la mano a metà tra la terza e la quarta posizione, in modo tale che si trovi in una posizione corretta e a ridosso delle fasce; abbassare il terzo dito sulla corda e far cadere in modo regolare il quarto dito come se scorresse sul terzo. In questo modo il quarto dito ha una sorta di binario sul quale muoversi. Dopo una serie di ripetizioni si può allontanare di poco il quarto dito, cercando di mantenerlo sempre tondo: ad ogni caduta si allontana di pochissimo il quarto dal terzo, fino ad ottenere la distanza giusta, ossia un tono.
Secondo esercizio: far cadere il quarto dito sia nella posizione precedente (con la mano sostenuta dalle fasce) sia in prima posizione, stavolta suonando ma senza affondare il dito; il dito deve rimanere tondo, quindi non va forzato. Quindi: faccio cadere il dito sulla corda con calma, e mi fermo - anche se esce un suono ai limiti dell'armonico - prima che il dito si storca.
Se la mano è ruotata la posizione del quarto dito è in armonia con il braccio, come se ne fosse una prosecuzione; se invece la mano è aperta la nocca alla base del dito fuoriesce e, ovviamente, il dito si allontana. Se necessario, quindi, può essere utile tenere la mano sinistra ruotata con l'aiuto della mano destra (ovviamente senza suonare ....!).

L'aspetto del quarto dito non è fondamentale, quindi a volte, come scrivevo all'inizio del post, diventa una fissazione inutile; è fondamentale tutto il resto, ossia la rotazione della mano, la sua posizione (sempre la stessa) sulle corde, la caduta regolare delle dita, sia per quanto riguarda il movimento, sia per quanto riguarda il peso. Una mano deve essere morbida e, di conseguenza, elastica e forte per questo motivo. Come sempre, insieme al lavoro fatto con la lente d'ingrandimento, si deve osservare anche l'insieme e il movimento generale. 




 

 







Cado intonato

Proseguo, chiarendo anche a me stessa, alcune idee scritte qualche anno fa.

Sempre parlando per mia esperienza personale, credo che per avere una buona intonazione, vada prima di tutto impostata la mano e la caduta delle dita, e non un dito alla volta. Mi spiego meglio e con calma.
Un dito è intonato quando cade correttamente sulla corda, in una posizione corretta, quindi morbido. Non serva a nulla correggere l’intonazione a posteriori, facendo scivolare il dito sulla tastiera: la caduta rimarrà scorretta e, inoltre, il dito prenderà una posizione sbagliata (per farlo scivolare il dito cade correttamente e poi si allunga sulla corda). Diventa dunque fondamentale studiare la caduta delle dita e una impostazione corretta della mano sinistra.
Molto spesso, soprattutto tanti anni fa, ossia quando io ero piccola, si iniziava a studiare il violino partendo ovviamente dalle corde vuote, per poi stare qualche lezione sul primo dito, poi sul secondo, sul terzo e, infine, quando la mano ormai si era abituata a una posizione che aveva trovato anche comoda, doveva iniziare a stressarsi e a modificare l’assetto per arrivare, soffrendo, al famigerato quarto dito. La posizione della mano, soprattutto i primi mesi/anni, si stabilizza così tra i due assetti: quello del primo/terzo dito e quello con il quarto. Per suonare le prime tre dita la mano si trova con il polso che tocca quasi il manico e il palmo verso l’alto, mentre, quando si appoggia il quarto, si deve per forza staccare dal manico e ruotare (la base delle dita deve essere parallela al manico).

La posizione della mano deve essere corretta appena pronta sulle corde e, soprattutto, deve permetterci di suonare tutte e quattro le dita (ognuno troverà la sua, a seconda della lunghezza delle dita). 
Una volta posizionata la mano sulla tastiera si deve capire come trovare, appunto l’intonazione del dito, partendo dalla sua caduta sulle corde.
Osserviamo la nostra mano a riposo: le dita sono naturalmente tonde; muoviamole utilizzando solo l’articolazione che si trova alla base, quindi non le falangi. Il dito si muoverà mantenendo la sua curvatura naturale, compiendo sempre lo stesso tragitto.
Posizioniamo la mano sulla tastiera e facciamo cadere il dito allo stesso modo: tondo e sempre uguale. Iniziamo partendo dal terzo dito (per poi passare al secondo, poi il quarto e, infine il primo).
La mano è sulla tastiera, ruotata (con le dita parallele al manico), il dito cade tondo, come se fosse ingessato o avesse dei fili di un burattino. Proviamo un po’ di volte la caduta, senza suonare. Una volta che siamo sicuri della caduta del dito proviamo l’intonazione: se cala o cresce spostiamo la mano di conseguenza. E’ un procedimento forse più lungo rispetto a mettere il dito e a spostarlo per correggerlo, ma dà molta più sicurezza sull’intonazione.
In questo modo ogni dito ha una sua esatta collocazione sulla tastiera; quindi, per esempio: il terzo dito tondo, rilassato, sarà un do, un sol, un re e un la sulle rispettive corde. Il secondo, sempre tondo, sarà un si, un fa diesis, un do diesis e un sol diesis. E così via. Ovviamente il quarto dito fa eccezione, perché in un certo senso va lanciato (ma di questo ne parlerò presto).
Questa estrema precisione del movimento crea una mappa mentale molto chiara, che ci aiuta nel trovare una intonazione del movimento. Chiaramente per controllare l’intonazione del dito, ma solo una volta che avremmo emesso un suono, si attiverà il nostro orecchio, che ci aiuterà a capire se il movimento è corretto o no. Se la nota è stonata si ripete, più volte, la caduta intonata.
Quindi, 1: caduta del dito (movimento); 2: ascolto (molto attento); 3: posizionamento corretto della mano; 4: ripetizione della caduta intonata.

(nella foto Itzhak Perlman)


Mario Brunello - 24 giorni di studio

Grandissimo violoncellista e immenso docente, Mario Brunello ha pubblicato "24 giorni di studio - violoncello" (pubblicato da Antiruggine).
Iniziando a sfogliare il volume mi ha colpito molto l'importanza che dà alle corde vuote e alle note lunghe, una pratica che molto spesso viene data per scontata, ma che invece ritengo la base per un grande suono.

Vi scrivo qui i riferimenti per il volume e per i video che il Maestro, durante i mesi di marzo e aprile, ha "regalato" giornalmente agli utenti di facebook.


Con le differenze che ci sono tra violoncello e violino, approfittate di questi consigli e fateli vostri (per me è un grandissimo insegnamento):


http://www.antiruggine.eu/shop/a/24-giorni-di-studio-violoncello/


https://www.facebook.com/watch/mariobrunellocello/294005078641951/








Sempre in anticipo

Così come ho scritto in un post intitolato “Come un direttore d’orchestra”, le dita della mano sinistra devono essere sempre in anticipo rispetto all’arco. Si tratta ovviamente di un tempo infinitesimale, ma il dito deve essere sulla corda prima che arrivi l’arco.  Si torna anche al discorso del post precedente, ossia “un piede alla volta”, quell’attimo in cui entrambe le dita sono insieme sulla tastiera, e si danno il cambio senza staccarsi contemporaneamente da terra.
Ho sempre ritenuto molto utile studiare l’anticipo delle dita; lo trovo uno studio che, una volta superato lo scoglio iniziale (ora vi spiego), diventa anche piacevole.
Studiare l’anticipo delle dita, almeno per come l’ho sempre pensato io, significa eseguire molto lentamente un passaggio che decidiamo di affrontare abbassando un dito mentre quello precedente è ancora giù.

Partiamo dall’esercizio più semplice, ossia una scala discendente sulla corda adiacente; ad esempio sto eseguendo sol maggiore e mi accingo a suonare il quarto, terzo, secondo e primo dito sulla corda LA. Dividiamo ciascuna nota in due tempi (una minima): mentre suono il mi quarto dito posiziono il terzo; mentre suono il terzo posiziono il secondo, mentre posiziono il secondo il primo. In pratica avrò una sorta di suddivisione muta: durante la nota che dura due movimenti sulla corda si abbassa l’altro dito (dal punto di vista sonoro si percepisce solo la nota che dura due movimenti). All’inizio non sarà per niente facile e l’arco partirà insieme al dito che si abbassa… devo riconoscere che le prime volte ci si innervosisce parecchio! Siate però pazienti e, alla fine, l’indipendenza tra le due mani arriverà. Una volta superata la prima difficoltà si può studiare l’anticipo delle dita in qualsiasi occasione, soprattutto nei brani con note veloci su corde diverse. E’ uno studio che mi piace molto, sinceramente non so spiegare il motivo, forse perché mi chiarisce i diversi movimenti che facciamo, forse perché (come ormai sapete tutti) mi è sempre piaciuto lo studio lento.
Lo studio dell’anticipo si fa e si dimentica, poiché una volta che il brano si esegue a velocità è ovviamente impensabile (ma anche inutile) pensare di anticipare il dito sulla corda. Il nostro corpo, ossia le due mani, lo avrà assimilato, e quindi l’esecuzione sarà molto più precisa e consapevole.




Un passo dopo l'altro

Ogni volta che penso al movimento delle dita della mano sinistra di un violinista mi vengono in mente le sequenze dei nostri passi: i nostri piedi non perdono mai, contemporaneamente, il contatto con la terra. E’ diverso, ovviamente, per una corsa, che invece prevede i due piedi sollevati, insieme.
Le nostre dita compiono lo stesso movimento, se pur a volte molto velocemente: quando mettiamo un dito sulla tastiera c’è sempre, ancora, il dito precedente. Come se camminassimo, un piede dopo l’altro.
Questo meccanismo, diverso da quello dei pianisti, porta a una riflessione fondamentale, ossia il continuo rapporto che ci deve essere tra le nostre dita e, soprattutto, la nostra mano.
Fermo restando che ritengo fondamentale impostare sempre la mano sulla tastiera, ossia tutte e quattro le dita, ogni volta che posiamo il dito sulle corde dobbiamo conoscere la sua esatta posizione rispetto al dito che lo precede, soprattutto la relazione che c’è quando ci spostiamo sulle altre corde. La mano deve essere sempre “impostata”, dobbiamo quindi conoscere la distanza tra toni e semitoni (o di più, quando capita, con un tono e mezzo) che c’è tra le nostre dita, sulla stessa corda e su corde diverse. Un esempio banale: tra il do naturale sulla corda la e il sol naturale sulla corda mi il dito si sposta di una quinta giusta, ossia nello stesso esatto punto. Se invece il sol sulla corda mi fosse stato diesis il secondo dito si sarebbe dovuto mettere un semitono più avanti. So che è un esempio banale ma chiarisce il pensiero di fondo, utile soprattutto per intervalli più difficili e posizioni più acute.

Un esercizio fondamentale per capire come spostarsi con dimestichezza sulla tastiera è lo studio degli intervalli, dalle terze alle ottave. Non parlo delle doppie corde ma delle scale eseguite suonando le note separatamente. L’intervallo chiarisce la posizione delle dita sulla tastiera: una scala sarà eseguita sempre con 0, 1, 2, 3, 4, così come una scala per terze con vuoto-secondo, primo-terzo, secondo-quarto, terzo-primo e via, di nuovo la sequenza. Questo, ovviamente, rimanendo in prima posizione. Stesso dicasi per le quarte: vuoto-terzo, primo-quarto, secondo-primo, terzo-secondo, le quinte e così via per seste, settime e ottave.
Prendendo dimestichezza con gli intervalli il nostro occhio individuerà molto più facilmente quello che stiamo studiando, entrando in relazione con la mano e l’orecchio: nel momento in cui vedo una scala capisco velocemente che devo usare dei toni, così poi per tutti gli altri intervalli.
Chiaramente oltre alla conoscenza delle dita è fondamentale sapere a quale distanza posizionarle, quindi sapere se sto eseguendo una terza maggiore o minore, e come si modifica la distanza delle dita di conseguenza.

Il lavoro più utile è quello che si fa con le terze, le quarte, le seste e le ottave; ma fa bene anche provare con le quinte e le settime. All’inizio non sarà facile, è un po’ come fare dei calcoli difficili a memoria, ma poi, così come un sudoku, avrà anche un  grande fascino.





Qualche consiglio per lo studio

In questo periodo di isolamento non è facile proseguire lo studio senza il proprio insegnante. Scrivo qualche consiglio che spero vi possa essere utile.

Organizzate bene lo studio dividendolo in parti uguali, da dedicare alla tecnica, agli studi e ai brani.Per la tecnica ritengo fondamentale e d'obbligo lo studio delle corde vuote, eseguite lentamente. Poi esercizi per la mano sinistra, colpi d'arco, scale con varianti, cambi di posizione, doppie corde. Le corde vuote, secondo me, devono essere sempre presenti, mentre il resto si può alternare a piacere.
Per gli studi e i brani ricordatevi che, dopo una esecuzione capo/fondo, è inutile continuare a ripetere senza sosta: fermatevi sui punti più difficili e affrontate solo quelli, studiandoli con la massima concentrazione (se non c'è è meglio fermarsi). So di essere ripetitiva ma ritengo fondamentale studiare lentamente, sottolineando che per lentamente significa un tempo quasi insostenibile (ma con una esecuzione impeccabile, altrimenti si rischia solo un colpo di sonno).
Concludete con una esecuzione di quello che avete studiato oppure di quello che vi piace di più suonare, diventando spettatori di voi stessi, ossia cercando di trovare gioia e piacere in quello che suonate.

Registratevi: fate un video che potete utilizzare per controllare la postura e un audio per ascoltare bene il suono e l'intonazione. Vedersi dall'esterno è utilissimo e, come ho detto altre volte, nonostante il trauma iniziale, è davvero un mezzo molto prezioso.


Se volete sono a disposizioni per consigli: susannapersichilli@gmail.com







Il "suono"


Al nostro orecchio un suono può essere sia quello di un bambino che tocca il tasto di un pianoforte, o è alle prime armi sul violino, sia quello di un grande solista, che ci fa venire la pelle d’oca. A prescindere dalla bellezza del suono, della quale ho già parlato, volevo soffermarmi in questo post sulla qualità del suono, quella che lo rende sostanzioso, intenso, appoggiato, come si usa dire. Per “suono” (scritto tra virgolette) intendo questo.

“Il suono” è quello che riuscite ad ascoltare alla fine della sala da concerto in cui vi trovate, quello che non ha bisogno di amplificazione, quello del violinista che, con la metà dell’arco, riesce ad eseguire una frase lunghissima e sempre con la massima intensità.

Il suono si studia, giornalmente, e si costruisce così si costruiscono i muscoli di un atleta. Chiaramente ci sarà poi l’atleta che vince le gare e quello che lo fa per passione; ma ognuno di noi lavora e porta avanti passioni a livelli diversi: per fortuna siamo tutti importanti allo stesso modo.
Per quanto mi riguarda uno degli aspetti più difficili, nella costruzione di un suono intenso, è la capacità di gestire il movimento dell’arco e l’appoggio di questo. Immaginate di muovere un dito su un tavolo: mentre sarà molto semplice muoverlo velocemente, la lentezza crea dei problemi di omogeneità (il dito si muoverà a scatti). Per capire meglio: inspirate per bene e, nell’espirazione, emettete una esse (come il sibilo di un serpente). La lettera S blocca il flusso dell’aria e vi permette di far uscire l’aria lentamente, controllandola. Il punto in cui emettiamo la S è fondamentale per capire cosa succede nell’arco. Se percepite l’aria che sta uscendo potete accorgervi che lo fa mantenendo una pressione costante: l’aria è controllata dalla chiusura della S.
Nell’arco deve accadere lo stesso, ma purtroppo non c’è nessuna S che ci aiuta nel controllo della velocità. La S, ossia il punto che trattiene la velocità costante, è l’appoggio del braccio. Chiaramente se l’appoggio è eccessivo (oppure se schiacciamo o premiamo il braccio invece di rimanere morbidi) l’arco si fermerà. Viceversa, se non appoggio, l’arco andrà troppo veloce. L’equilibrio tra peso e velocità dell’arco ovviamente si studia con le note lunghe, iniziando a lavorare con andature più veloci (quattro battiti per arcata) per arrivare a quello che si riesce a fare (10, 20….). L’arcata deve essere il più possibile omogenea: il suono forte, sempre uguale, così come assolutamente omogenea deve essere la velocità. Per forte intendo un suono che sia tale: suonando lentamente diventa più facile togliere il peso, ma questo riguarda un altro tipo di studio. Quindi: note lente, con un suono corposo.
Con il passare dei mesi, e degli anni (….!), dedicando giornalmente cinque minuti alle corde vuote e alla crescita del nostro “suono”, questo inizierà ad avere una sostanza totalmente diversa.





In foto: sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica a Roma (con l'augurio di poterla vedere di nuovo così!)





Une fois bronzés restez bronzés

Non so se vi è mai capitato di leggere una parola, o una frase, e di non togliervela più dalla testa. Quando avevo circa 15 anni, l’età in cui si cerca di tornare a scuola, dopo le vacanze, più abbronzati che mai, mi capitò di vedere, in una farmacia, la pubblicità di una crema solare che diceva “Une fois bronzés restez bronzés - una volta abbronzati rimarrete abbronzati”.
Il senso era (almeno quello che ho recepito io) che, prendendo il sole con attenzione e la protezione corretta, si rimaneva abbronzati più a lungo. Ancora non era sopraggiunta l’attenzione alla salute della pelle che c’è ora. Si prendeva il sole con birra, olio e tutto ciò che non poteva essere più dannoso per la pelle!

Non so poi neanche per quale motivo ho associato questo motto allo studio musicale di un brano musicale: “una volta studiato è studiato per sempre”.
Cosa significa?
Non so se vi è capitato mai di riprendere un brano dopo tanti anni. In questi giorni di isolamento ho tirato fuori brani musicali di quando ero studentessa al conservatorio. Parlo sia del violino sia del pianoforte - brani che non eseguivo da quasi quarant’anni! Mi stupisco sempre di come si possa eseguire, dopo così tanto tempo, un brano musicale. Come si usa dire “è come andare in bicicletta”. Sì, è vero! E’ così! Una volta imparato non si dimentica.
Il problema, però, è che purtroppo rimangono anche gli stessi identici errori che si facevano quarant’anni prima: i passaggi sporchi, le diteggiature incerte, i tentennamenti… Quelli che venivano casualmente ed erano stati lasciati al caso.
Qual è, quindi, il senso di questo post? Bisogna studiare attentamente, senza tralasciare nulla, senza pensare che dopo si aggiusterà. Un passaggio viene bene quando l’esecuzione corretta si ripete più volte senza problemi. Il brano deve essere eseguito con consapevolezza di tutto quello di cui ci prendiamo cura: distribuzione dell’arco, peso e velocità; intonazione; vibrato; passaggi di posizione; passaggi veloci della mano sinistra; per poi passare all’articolazione e all’interpretazione musicale.
Quando dobbiamo affrontare un brano importante, per un esame o un concerto, o solo perché ci piace l’idea di studiarlo in modo approfondito, non tralasciamo nulla, curiamo i minimi dettagli. E, al primo errore, ripetiamo all’infinito la versione corretta, fino a quando il nostro corpo sarà in grado di eseguire solo quella. Solo quando il brano sarà costruito, mattone dopo mattone, senza errori, senza incertezze, sarà davvero studiato per sempre. E riprenderlo sarà come tornare in bicicletta dopo tanti anni…


Auguro a tutti di poter tornare presto a prendere il sole nella forma che più vi piace (mare, monti, collina, città….).
Grazie!

Susanna