Quo vadis

La somiglianza tra musica e linguaggio rende secondo me efficace il senso di ciò che è difficile comprendere suonando.

Quando ascoltiamo gli annunci in metropolitana abbiamo l'impressione di non capirne il senso: le parole sono corrette, la dizione perfetta ma c'è qualcosa che manca. Si tratta della direzione della frase, del senso; potremmo dire della musica!
A scuola si studiano gli accenti, le regole grammaticali e logiche. Nessuno ci insegna a parlare con il senso corretto, perché lo impariamo ascoltando e parlando. Se ci limitassimo a mettere le parole l'una accanto all'altra  non riusciremmo mai a essere fluidi, a comunicare qualcosa di nostro, soprattutto le nostre sensazioni e i nostri sentimenti.
Se io dico "come ti chiami?" pronuncio tre parole ma la frase culmina nell'ultima parola; non sono tre parole unite tra loro.
In musica è lo stesso.
Le parole sono gli accenti che diamo ai piccoli frammenti: duine, terzine, quartine, sestine, eccetera.... Ma il senso della frase è dato dalla direzione che questa ha verso un punto preciso. Ed è il senso della frase musicale a rendere piacevole un'esecuzione.

Pensiamo ora a un brano musicale e cerchiamo di capire come fare.
Intanto studiamolo bene, altrimenti non potremmo andare oltre.
Dopo aver studiato le note cerchiamo di capire quali sono i punti culminanti e quali invece quelli di passaggio, quelli che ci conducono all'appoggio. Solitamente l'andamento musicale dipende dall'armonia: se l'armonia è ferma le note dovranno andare in avanti; se l'armonia cambia dovrà essere appoggiato e accentuato il cambiamento.
Come si dà una direzione a una frase? Intanto con la nostra intenzione di partire da un punto e arrivare a un altro: una partenza e un arrivo. Se noi abbiamo in mente che il discorso musicale va in avanti, ossia si muove verso una direzione, chi ascolta lo percepirà così. Viceversa per l'appoggio, che è il punto d'arrivo, quindi rappresenta una fermata. La direzione si può ottenere anche con la dinamica, con un leggero, impercettibile crescendo.

Un esempio pratico sulle prime battute del concerto in la minore di Antonio Vivaldi.

Il concerto inizia con una serie di la ribattuti; se li suoniamo come se fosse un esercizio di Sevcik il risultato sarà di una noia mortale.
Proviamo a pensare che i quattro la si muovono verso il quinto la, il punto d'appoggio. Quattro rimbalzi verso il canestro. Lo stesso per le note seguenti, che andranno fino al do della terza battuta per concludere la prima frase.
Si può lavorare anche pensando più in grande, sulla concatenazione delle frasi.
Se osserviamo per esempio le battute che vanno dalla terza alla settima vedremo uno stesso disegno che si ripete scendendo: in questo caso le frasi andranno in progressivo diminuendo.

Non è facile analizzare armonicamente un brano ma di sicuro si può lentamente imparare a decifrarlo, a rendersi conto di ciò che si ripete (e che va suonato con meno enfasi) e di quello che ha più importanza (e che quindi va esaltato).
Con calma, suonando e osservando la musica che abbiamo di fronte, si può rendere più comprensibile e piacevole a chi ascolta, e a noi che lo suoniamo, la musica che eseguiamo con il nostro strumento.