Queste di oggi sono considerazioni - e domande.
Mi chiedo sempre per quale motivo molta parte della musica, da quella popolare al jazz, ma anche quella del passato, abbia una notevole dose di improvvisazione.
E mi chiedo ancora per quale motivo i musicisti classici di oggi siano arrivati ad essere ossessionati dalle singole note, per non parlare di dinamica, fraseggi e arcate.
La domanda è provocatoria, nel senso che per alcune situazioni questa attenzione è davvero richiesta (concerti importanti e formazioni d'insieme), ma a volte tutto questo ci fa dimenticare la MUSICA.
Siamo ossessionati da così tante cose (a partire da quelle tecniche che ovviamente hanno la loro importanza), che la musica passa in secondo piano.
La tecnica e la precisione sono fondamentali, così come l'impostazione sullo strumento. Però devono diventare MEZZI per raggiungere qualcosa, ossia la musica, e non fine a se stessi.
Allora, dedichiamo parte dello studio, o meglio dell'esecuzione, alla vera musica: alla bellezza del suono con le arcate che più ci piacciono, al ritmo (che secondo me è fondamentale) anche sbagliando qualche nota e alla nostra interpretazione, con la dinamica che piiù ci piace e le arcate che ci vengono meglio! Se un ritmo non è chiaro sentiamolo prima dentro di noi: lo possiamo riprodurre con le mani, con un qualsiasi oggetto, e poi con le corde vuote, per esempio. Se una frase melodica non viene fuori, cantiamola, immaginiamola, e poi riproviamola (sempre corde vuote prima) sullo strumento.
Insomma... prima di tutto viene la musica, non ce lo dimentichiamo!
ps: "Prima la musica poi le parole" è il titolo di un divertimento di Antonio Salieri
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