Molto spesso, quando suoniamo, siamo presi da così tanti pensieri che ci dimentichiamo di ascoltarci come farebbe un estraneo, o come faremmo noi stessi con un altro. La tensione dello studio porta a una scarsa attenzione all’insieme e, spesso, anche a un ascolto esterno. Penso che tutti quanti abbiate provato massimo sconforto ascoltando la vostra voce registrata; all’improvviso non la riconosciamo più, semplicemente perché siamo abituati a percepirla dall’interno, totalmente immedesimati.
Come possiamo fare per estraniarci, e provare ad essere spettatori di noi stessi?
Intanto si può suonare di fronte a uno specchio: sia frontalmente, per vedere la posizione del corpo, sia lateralmente, per controllare la condotta dell’arco.
Poi ci si può registrare. La registrazione è una pratica utilissima per migliorare il nostro studio; si potrebbe considerare quasi un secondo insegnante. Ovviamente va bene sia una registrazione audio, sia (forse ancora meglio), un video. Per entrambi, però, consiglio di acquistare apparecchi che abbiano un minimo di qualità. La registrazione fatta con il cellulare ha una qualità di suono davvero pessima.
Il momento dell’ascolto di noi stessi non è mai facile; scatta subito il giudizio, spesso impietoso, nei confronti di noi stessi.
Siamo abituati, ormai, a registrazioni perfette, eseguite da grandissimi musicisti, che hanno studiato anni e anni prima di incidere un disco! Quindi, per prima cosa, bisogna dimenticare quello che ascoltiamo di solito, e i nostri miti!
Passato il trauma iniziale, invece, si può costruire qualcosa, facendo attenzione a tutto quello che, giorno dopo giorno, ci interessa migliorare. Possiamo eseguire un brano da capo a fondo, oppure semplicemente delle corde vuote; possiamo controllare la crescita tecnica di un brano registrandolo una volta a settimana. Insomma, le idee sono tante.
L’importante è imparare a essere spettatori e maestri di se stessi.