Quando affrontiamo lo studio di un brano molto difficile, o comunque che presenta passaggi complessi, accade uno strano fenomeno: la nostra mente è in grado, dopo poco tempo, di capire chiaramente cosa dobbiamo eseguire, ma il nostro corpo ha bisogno di molto più tempo e, soprattutto, di ripetizioni continue.
Per raggiungere un buon livello nell'esecuzione dobbiamo far sì che i passaggi complessi raggiungano un certo automatismo. Non siamo in grado di affrontare, tutte insieme, una serie di informazioni come ritmo, note, distribuzione dell'arco, intonazione, diteggiature e altro ancora.
Quindi: ricordiamoci che da una parte c'è la spiegazione del funzionamento, il primo approccio. Dall'altra la ripetizione quotidiana, il sudore e la fatica, che ci permettono di eseguire il brano in questione. Senza questo, suoneremo sempre in modo approssimativo, ogni volta sbaglieremo un passaggio e il tutto ci porterà a una grande tensione.
Il procedimento vale anche per altri comportamenti: prima capiamo le regole, il funzionamento, poi dobbiamo ripetere e far passare del tempo prima che il comportamento diventi automatico. Pensiamo a quando, per esempio, ci spiegano come funziona la macchina. All'inizio, almeno per me, usare la frizione in salita era un incubo! Lo stesso per infinite altre azioni alle quali, ormai, non pensiamo più.
Il nostro corpo ha bisogno di tempo per imparare; dobbiamo prima aver interiorizzato e capito cosa fare, poi passare alla pratica.
Spesso la mancanza di una immediata corrispondenza tra l'aver capito le difficoltà di un brano musicale e la sua realizzazione porta a una forte frustrazione e molta rabbia.
Questo è il punto fondamentale di questo (strano) post: cerchiamo di non irrigidirci se il brano non viene subito, così come ci immaginiamo. E affrontiamo una difficoltà alla volta. Concentriamoci prima sull'arco, magari semplificando con corde vuote. Poi sulla sinistra, anche senza l'arco. Poi mettiamo insieme le due mani ma eseguendo piccoli pezzi e lentamente (molto lentamente). Insistiamo sui passaggi difficili che devono essere eseguiti sempre in modo corretto; non serve a nulla sbagliare e andare avanti, bisogna ripetere più volte.
E ricordiamo: diamo tempo al nostro corpo.
Il legato
anzi... illegato
Per lo stesso principio per il quale, inconsapevolmente, leghiamo le parole tra loro pur continuando a pensare che siano parole distinte.
Il legato nel violino va considerato in un duplice aspetto: quello all'interno dell'arcata e quello, importantissimo, tra una arcata e l'altra.
All'interno dell'arcata, per legare due o più note tra loro, è importante mantenere una condotta dell'arco fluida, costante e regolare, a prescindere da quello che fa la mano sinistra. Il mio consiglio è sempre quello di provare l'arcata su una corda vuota, per capire bene come deve essere tirato l'arco: cerchiamo di avere sempre presente quanto ne va tirato e a quale velocità. Se, per esempio, l'arcata dura quattro quarti, eseguiamola più volte facendo attenzione a tirare tutto l'arco (se è richiesto) e a tirarlo in modo omogeneo - evitando, per esempio, di sprecare tutto l'arco alla metà inferiore. Poi possiamo continuare a suonare la corda vuota mettendo le dita sulla corda accanto, cercando di mantenere omogenea la condotta dell'arco. Infine aggiungiamo le dita della mano sinistra. L'arco non dovrebbe rilevare nessuna alterazione.
Risolta l'indipendenza tra condotta dell'arco e lavoro della sinistra, passiamo al legato tra una arcata e l'altra.
Il violino ha una voce meravigliosa ma, al contrario di uno strumento a fiato o di un cantante, può legare tra loro un numero limitato di note. Spesso, quindi, per eseguire una frase legata, siamo costretti a usare due o più arcate.
Come sempre, studiamo per prima cosa una serie di corde vuote e cerchiamo di non far sentire il cambio di corda (al tallone sarà sicuramente più difficile). Quando le corde vuote sono a posto proviamo la frase che stiamo studiando, arcata dopo arcata. Ci dobbiamo concentrare su quello spazio infinitamente piccolo che si trova tra l'ultima nota della prima arcata e la prima nota dell'arcata successiva. Oltre allo studio del movimento che utilizziamo per il cambio di corda è importante concentrarsi su quel punto, capire che è importante e che non è solo un insignificante passaggio tra due note ma l'essenza del legato. Tra le due note non c'è un vuoto ma un momento pieno di energia e di tensione, un momento magico che rende la frase musicale davvero cantabile.
Per lo stesso principio per il quale, inconsapevolmente, leghiamo le parole tra loro pur continuando a pensare che siano parole distinte.
Il legato nel violino va considerato in un duplice aspetto: quello all'interno dell'arcata e quello, importantissimo, tra una arcata e l'altra.
All'interno dell'arcata, per legare due o più note tra loro, è importante mantenere una condotta dell'arco fluida, costante e regolare, a prescindere da quello che fa la mano sinistra. Il mio consiglio è sempre quello di provare l'arcata su una corda vuota, per capire bene come deve essere tirato l'arco: cerchiamo di avere sempre presente quanto ne va tirato e a quale velocità. Se, per esempio, l'arcata dura quattro quarti, eseguiamola più volte facendo attenzione a tirare tutto l'arco (se è richiesto) e a tirarlo in modo omogeneo - evitando, per esempio, di sprecare tutto l'arco alla metà inferiore. Poi possiamo continuare a suonare la corda vuota mettendo le dita sulla corda accanto, cercando di mantenere omogenea la condotta dell'arco. Infine aggiungiamo le dita della mano sinistra. L'arco non dovrebbe rilevare nessuna alterazione.
Risolta l'indipendenza tra condotta dell'arco e lavoro della sinistra, passiamo al legato tra una arcata e l'altra.
Il violino ha una voce meravigliosa ma, al contrario di uno strumento a fiato o di un cantante, può legare tra loro un numero limitato di note. Spesso, quindi, per eseguire una frase legata, siamo costretti a usare due o più arcate.
Come sempre, studiamo per prima cosa una serie di corde vuote e cerchiamo di non far sentire il cambio di corda (al tallone sarà sicuramente più difficile). Quando le corde vuote sono a posto proviamo la frase che stiamo studiando, arcata dopo arcata. Ci dobbiamo concentrare su quello spazio infinitamente piccolo che si trova tra l'ultima nota della prima arcata e la prima nota dell'arcata successiva. Oltre allo studio del movimento che utilizziamo per il cambio di corda è importante concentrarsi su quel punto, capire che è importante e che non è solo un insignificante passaggio tra due note ma l'essenza del legato. Tra le due note non c'è un vuoto ma un momento pieno di energia e di tensione, un momento magico che rende la frase musicale davvero cantabile.
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