Mi piace molto questa espressione!
Credo che quello che nello studio non debba mancare mai sono le corde vuote (o scale) eseguite lentamente. Il suono, quello vero, corposo, appoggiato e pieno di armonici, nasce e si forma attraverso lo studio quotidiano della lentezza nella condotta dell'arco.
Già quando uno strumentista accorda si può sentire se il suono è sostanzioso o no.
Così come dice Tartini nella sua splendida lettera a Maddalena Lombardini, le "note lunghe" si devono studiare tutti i gioni. La potete trovare e scaricare qui: Lettera alla Signora Maddalena Lombardini
Io parto da arcate veloci, della durata di un battito con metronomo a 60; queste prime arcate servono per sciogliere il braccio e vanno eseguite senza peso, pensando solo alla correttezza della conduzione dell'arco (che deve essere dritto).
Poi aumento la durata, due, quattro, sei, otto, dodici....
Le note vanno eseguite cercando di appoggiare il braccio e di rimanere morbidi il più possibile. Io me lo ripeto ogni secondo, penso addirittura ai granelli di pece che si "srotolano" sulle corde.
Le note lunghe possono essere eseguite anche con diverse dinamiche: iniziando forte al tallone e finendo piano alla punta (riprendendo poi piano e andando al forte al tallone), oppure il contrario, che trovo molto utile: si inizia pianissimo al tallone, lavorando bene sulla tenuta del mignolo, e si arriva fortissimo alla punta, appoggiandosi bene sull'indice, con tutto il braccio.
Si possono fare anche dei cambi di dinamica alla metà: forte-piano-forte o viceversa.
Tutti i giorni, tutti i giorni!
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