Mi piace pensare che il lavoro del musicista sia diviso, scisso in due momenti diversi tra loro.
Il musicista che studia: attento ai minimi particolari, al suono, al ritmo, alla posizione del corpo, al respiro. Più ci si chiede come sono suono e intonazione, più l'orecchio si sviluppa. Il nostro orecchio è come un muscolo che si allena stimolandolo proprio con l'attenzione a ciò che si fa. Questo tipo di studio, secondo me, deve essere lento, lento, lentissimo, e portato avanti con una calma infinita. Anche nelle sezioni dedicate alla velocità.
Il musicista che suona: dopo il meticoloso lavoro di studio si passa all'esecuzione. Nell'esecuzione si pensa alla musica, al fraseggio, al "sentimento" (che è pur sempre "arte", "artificio" - quindi mai casuale), ma è un lavoro diverso. Si pensa all'insieme, a quello che comunica la musica, si esegue da capo a fondo, cercando di dare un senso a quello che si suona. E si spera che ci si riesca anche a divertire!
In entrambi è ASSOLUTAMENTE VIETATO IL GIUDIZIO SU SE STESSI!
Trovo particolarmente dannoso pensare cose tipo "sono un disastro, non sono all'altezza, non ce la farò mai... ". E’ tempo perso, inutile e dannoso!
Nel primo caso la nostra mente è concentrata sulla tecnica, quindi non c’è spazio; nel secondo sulla musica o sul lasciarsi andare.
Riuscire a staccare la spina del giudizio (soprattutto negativo) mi sembra davvero un passo importante.... per tutti.
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