Ogni volta che penso al movimento delle dita della mano sinistra di un violinista mi vengono in mente le sequenze dei nostri passi: i nostri piedi non perdono mai, contemporaneamente, il contatto con la terra. E’ diverso, ovviamente, per una corsa, che invece prevede i due piedi sollevati, insieme.
Le nostre dita compiono lo stesso movimento, se pur a volte molto velocemente: quando mettiamo un dito sulla tastiera c’è sempre, ancora, il dito precedente. Come se camminassimo, un piede dopo l’altro.
Questo meccanismo, diverso da quello dei pianisti, porta a una riflessione fondamentale, ossia il continuo rapporto che ci deve essere tra le nostre dita e, soprattutto, la nostra mano.
Fermo restando che ritengo fondamentale impostare sempre la mano sulla tastiera, ossia tutte e quattro le dita, ogni volta che posiamo il dito sulle corde dobbiamo conoscere la sua esatta posizione rispetto al dito che lo precede, soprattutto la relazione che c’è quando ci spostiamo sulle altre corde. La mano deve essere sempre “impostata”, dobbiamo quindi conoscere la distanza tra toni e semitoni (o di più, quando capita, con un tono e mezzo) che c’è tra le nostre dita, sulla stessa corda e su corde diverse. Un esempio banale: tra il do naturale sulla corda la e il sol naturale sulla corda mi il dito si sposta di una quinta giusta, ossia nello stesso esatto punto. Se invece il sol sulla corda mi fosse stato diesis il secondo dito si sarebbe dovuto mettere un semitono più avanti. So che è un esempio banale ma chiarisce il pensiero di fondo, utile soprattutto per intervalli più difficili e posizioni più acute.
Un esercizio fondamentale per capire come spostarsi con dimestichezza sulla tastiera è lo studio degli intervalli, dalle terze alle ottave. Non parlo delle doppie corde ma delle scale eseguite suonando le note separatamente. L’intervallo chiarisce la posizione delle dita sulla tastiera: una scala sarà eseguita sempre con 0, 1, 2, 3, 4, così come una scala per terze con vuoto-secondo, primo-terzo, secondo-quarto, terzo-primo e via, di nuovo la sequenza. Questo, ovviamente, rimanendo in prima posizione. Stesso dicasi per le quarte: vuoto-terzo, primo-quarto, secondo-primo, terzo-secondo, le quinte e così via per seste, settime e ottave.
Prendendo dimestichezza con gli intervalli il nostro occhio individuerà molto più facilmente quello che stiamo studiando, entrando in relazione con la mano e l’orecchio: nel momento in cui vedo una scala capisco velocemente che devo usare dei toni, così poi per tutti gli altri intervalli.
Chiaramente oltre alla conoscenza delle dita è fondamentale sapere a quale distanza posizionarle, quindi sapere se sto eseguendo una terza maggiore o minore, e come si modifica la distanza delle dita di conseguenza.
Il lavoro più utile è quello che si fa con le terze, le quarte, le seste e le ottave; ma fa bene anche provare con le quinte e le settime. All’inizio non sarà facile, è un po’ come fare dei calcoli difficili a memoria, ma poi, così come un sudoku, avrà anche un grande fascino.
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